Il 13 dicembre 1250, Federico II di Svevia, consapevole di non poter spezzare le trame di un destino già scritto, andò incontro alla propria morte: il fato si compì in Fiorentino di Puglia, dove lo stupor mundi esalò l’ultimo respiro.
La profezia dello scozzese
Presso la corte di Federico II, Imperatore del Sacro Romano Impero, era attivo un alchimista e astrologo di nome Michele Scoto (1175-1236).
La fama di Scoto come negromante e indovino fu ingigantita dagli ambienti cattolici presso cui il seguito federiciano godeva di una cattiva reputazione, dopo che il sovrano stesso fu destinatario di due scomuniche papali.
A tal proposito, il suo nome sarà successivamente inserito nell’Inferno dantesco e nel Decameron di Giovanni Boccaccio.
Il vescovo e cronista Saba Malaspina, nel suo Rerum Sicularum historia (fine XIII secolo), riporta una leggendaria profezia attribuita allo Scoto, con cui egli preannunciò la sua fine a Federico II.
Secondo tale predizione, il sovrano sarebbe morto “sub flore apud portam ferream”, cioè “sotto un fiore, davanti ad una porta di ferro”.
Per tal motivo, Federico II si tenne in vita sempre lontano da Firenze e da qualsiasi altro paese il cui nome fosse collegato col temine fiore.
La morte del Sole
Dopo la disfatta di Parma, nel febbraio 1248, il carisma dell’imperatore iniziò a vacillare.
Inoltre, egli soffrì di una grave malattia all’apparato digerente – si presume dissenteria -, che si rivelerà fatale.
Quando le sue condizioni furono ormai senza speranza, fu condotto e ricoverato nel borgo di Fiorentino (l’attuale Torremaggiore, in provincia di Foggia).
E fu così che Federico II, accortosi dell’imminente compimento della profezia “sub Flore” di Scoto, accettò l’ineluttabile destino, magari con un sorriso comprensivo sul volto.
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Fonti:
– http://www.instoria.it/home/morte_federico_II_leggenda.htm
– Rerum Sicularum Historia, Saba Malaspina, fine 1200
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