Il ritrovamento della Gioconda – 11 dicembre 1913

“Come? Quando? Non lo sa nessuno!”
La Gioconda: il furto più celebre del secolo tra illustri sospettati e impensabili colpevoli, tra conclusioni palesi e macchiette comiche.

Chissà cosa avranno pensato Pablo Picasso e Guillaume Apollinare, primi indiziati per il “rapimento di Monna Lisa”, quando l’11 dicembre 1913 la donna fu ritrovata e il suo rapitore arrestato: Vincenzo Peruggia, 30enne italiano, di professione imbianchino e autore del gesto patriottico che più influenzerà le successive generazioni dei figli di Scipio.

Il furto al Louvre
Il mito del “Riprendiamoci ciò che è nostro, riprendiamoci la Gioconda” ha origine cent’anni or sono, precisamente il 20 agosto 1911, quando Peruggia, erroneamente convinto che Napoleone avesse rubato il quadro di Leonardo Da Vinci, decise di riparare al danno con un contro-furto.
Da quattro anni a Parigi, Peruggia fu assunto come restauratore per pulire i quadri del museo e non si lasciò sfuggire l’occasione: con il favore delle tenebre, smontò la teca ed infilò la tela nel giaccone.
Quella stessa notte, egli dovette chiedere aiuto per uscire dal Louvre (mancava la maniglia del portone d’ingresso) e sbagliò il tram rincasando.
Una volta rientrato nella sua dimora parigina, Peruggia nascose la tela sotto un tavolo, lo stesso tavolo su cui un poliziotto francese successivamente redigerà il mandato di perquisizione della stanza, senza accorgersi di nulla.

Il ritrovamento: culmine di una vicenda dai contorni grotteschi
Nel 1913, la Gioconda fece ritorno in “patria” dentro la valigia dei panni sporchi di Peruggia, che superò senza problemi i non proprio irreprensibili doganieri francesi.
L’imbianchino inviò all’antiquario fiorentino Alfredo Geri una lettera firmata come Monsieur Léonard V. in cui affermava di avere la Gioconda e che gliela avrebbe venduta solo a patto che l’opera rimanesse in Italia.
Geri, molto incuriosito, fissò un incontro privato presso l’Hotel Tripoli di Firenze e vi si recò l’11 dicembre 1913 in compagnia del direttore degli Uffizi Giovanni Poggi.
La sorpresa fu enorme, l’imbarazzo altrettanto: quella Gioconda era effettivamente La Gioconda, non una copia.
I due uomini, con il pretesto di dover esaminare meglio il quadro, riuscirono ad allontanare Peruggia e a chiamare i Carabinieri, che arrestarono prontamente il colpevole.

“Marciranno le tegole del tetto ma il mio nome rimarrà scolpito nei secoli”

Vincenzo PERUGGIA
“Noi rivedremo al Louvre la bella Monna Lisa”
Un giornale francese non ha dubbi sul rientro del dipinto in Francia, dopo il ritrovamento

Una conclusione dolce-amara
La simpatia storiografica e popolare per Peruggia deriva dall’incredibile serie di eventi, degna di uno sceneggiato dei fratelli Cohen, che accompagnarono la vicenda fino al ritrovamento.
Nel 1915, egli scontò neanche due dei sette mesi comminatigli dal Tribunale di Firenze.
Una pena assai mite favorita dagli intenti patriottici di Peruggia, ma anche dalle perizie psicologiche che ne accertarono una dubbia infermità mentale.
La vessata Monna Lisa, dal canto suo, fu esposta in tutt’Italia, prima di rientrare in Francia con un vagone creato ad hoc delle Ferrovie Italiane.
Il suo viaggio si concluse al punto di partenza, il Louvre, dove ad attenderla vi era il presidente repubblicano Raymond Poincaré in persona.


Tale bagno di fama consentì alla Gioconda di entrare nell’immaginario collettivo come bene di tutti, scrollandosi di dosso gli occhi della sola élite più colta.
E il nome di Vincenzo Peruggia sarà per sempre associato a questo capolavoro, come se lo avesse realizzato a quattro mani con il maestro Leonardo da Vinci.

– Stefano Salatino

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Fonti:
– https://www.stilearte.it/la-gioconda-ritrovata/
– https://www.lefigaro.fr/actualite-france/2013/12/13/01016-20131213ARTFIG00436-comment-la-joconde-a-ete-retrouvee.php

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