Ripulendo l’Epifania dalla coltre di consumismo che la seppellisce, ci imbattiamo nel 6 gennaio solidale di stampo fascista.
Fino a che punto la retorica del potere intaccò questa festività del folklore italiano?
ORIGINI L’attuale Epifania è frutto di un processo evolutivo millenario e sotto il suo nome raccoglie varie usanze che affondano le proprie radici nella religione, a partire dal paganesimo fino al cristianesimo, passando dal mitraismo, dalla figura dei Re Magi (con i loro doni per il Bambin Gesù appena nato) e dal Sol Invictus romano.
La caratteristica comune che ha permesso loro di unirsi sotto un unico termine è quella della rinascita, in primis dal punto di vista del raccolto agricolo.
ARRIVA La Befana, un simbolo tipicamente italiano, negli anni ‘20 era ormai in declino a causa dell’incessante importazione di festività straniere.
Al suo rilancio ci pensò Augusto Turati, segretario del Partito Nazionale Fascista, che, il 6 gennaio 1928, organizzò la prima Befana fascista, una celebrazione benefica in aiuto di quei bambini appartenenti alle famiglie meno agiate.
Centinaia di migliaia di giocattoli, libri e vestiti furono regalati ai piccoli , così da permettere un successo clamoroso all’iniziativa, che non tardò a ricevere il placet del Duce, affinché fosse riproposta con cadenza annuale.
Gli uomini più facoltosi furono invitati ad offrire i regali, mentre, per il loro impacchettamento e la successiva distribuzione nell’Urbe, si adoperarono le organizzazioni fasciste femminili e giovanili.
Tuttavia, la spontaneità di questo fenomeno andò scemando con gli anni, fino a scomparire del tutto in seguito alla radiazione dal PNF di Turati, avvenuta nel 1933.
Nel gennaio successivo si tenne la prima Befana del Duce, celebrata con la pomposità tipica del regime mussoliniano.
La Befana non fu risparmiata dalla progressiva fascistizzazione delle masse, le cui trame erano ben ordite dal nuovo segretario del PNF Achille Starace.
Il tradizionale 6 gennaio italiano era in procinto di essere inventato.
Dal 1934, la celebrazione assunse toni sempre più ufficiali e militari, sacrificando così la propria spontaneità originaria.
La Corte dei Conti, le sedi del PNF e dell’OND (Opera nazionale del dopolavoro), le scuole: queste divennero i luoghi dove i gerarchi del fascismo e lo stesso Mussolini, insieme ad alcuni membri del casato reale italiano, consegnavano le strenne ai piccoli Balilla.
La modalità di consegna era omogenea: i bambini si avvicinavano in fila alla «befana» di turno per ricevere il proprio omaggio e in cambio rispondevano con un saluto romano, respirando un clima non diverso da quello delle restanti manifestazioni fasciste.
PROPAGANDA I cinegiornali dell’Istituto Luce testimoniano il primato della retorica del potere a discapito del vero significato dell’Epifania.
Le voci narranti i fasti della Befana fascista – e del Duce- tendono a sottolineare l’opera solidale, nonché prerogativa massima, del regime e ne tessono le lodi.
Il fascismo era riuscito ad assorbire le caratteristiche tradizionali dell’Epifania, per poi soffocarle con i propri cerimoniali.
Questo «rituale» proseguì in periodo di guerra, durante cui nacque anche l’Epifania del soldato (vedi cūra), sopravvivendo al crollo del regime e alla nascita della Repubblica italiana, fino ad arrivare ai giorni nostri.
.