JUGOSLAVIA, la storia attraverso le banconote

“Indivisibiliter ac inseparabiliter”. Indivisibilmente e inseparabilmente citava il motto dell’Impero austro-ungarico, a sottilineare l’unione tra gli undici gruppi etnici che lo costituivano. Un unione forzata che durò per un cinquantennio, finchè, in seguito alla disfatta nel primo conflitto mondiale, ognuno decise di intraprendere la propria strada.C’era chi si annetteva ad altri Stati già esistenti (vedi il Trentino-Alto Adige o la Transilvania), mentre altri preferivano dare vita a nuove entità nazionali come successe nel caso del neo-Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, che si prefissava di unire tutte le popolazioni slave.
Nel 1929 questo territorio acquisì il titolo di Regno di Jugoslavia, fin quando la monarchia non fu rovesciata dall’invasione tedesca durante il secondo conflitto mondiale, da cui ne uscì con il nome di Repubblica Federale Socialista di Jugoslavia, poi mantenuto fino alla sua dissoluzione.

Banconota da 1000 dinari del 1935. E' questo la cartamoneta jugoslava più apprezzato a livello artistico. Sul dritto troviamo un'insegnante con il proprio allievo, una donna e tre cavalieri.
Banconota da 1000 dinari del 1935. E’ questo la cartamoneta jugoslava più apprezzato a livello artistico. Sul dritto troviamo un’insegnante con il proprio allievo, una donna e tre cavalieri.

La storia di un Paese che voleva fare della fratellanza e dell’unità le due colonne portanti, ma che in realtà deve il suo fallimento proprio a questi obiettivi non raggiunti a causa di divergenze ideologiche e per il manifestarsi di una crisi economica inarrestabile.
La cartamoneta che circolò per oltre sessant’anni sul suolo della Jugoslavia ci permette di conoscere i grandi personaggi che, nel bene o nel male, ne fecero la storia e il declino.
Una delle poche cose che non variò nella storia di questo Paese fu il nome della valùta, il dinaro, seppur assunse diverse aggettivazioni nel corso del’900.

DINARO REGIO

Effige del re Alessandro I sulla banconta da 50 dinari emessa nel 1931.
Effige del re Alessandro I sulla banconta da 50 dinari emessa nel 1931.

Dalla fondazione fino alla deposizione della monarchia il dinaro, che era la continuazione del suo omonimo serbo, era chiamato “regio” e le banconote immesse erano, e ancora adesso sono, delle vere opere d’arte.
La famiglia reale Karaðorðevic fu rappresentata al completo, da Alessandro I e sua moglie Maria Hohenzollern, re e regina di Jugoslavia, al loro giovane figlio Pietro II.
Re Alessandro fu un abile combattente , distintosi nel ruolo di comandante supremo dell’esercito serbo, con il quale sconfisse l’Impero Ottomano ad est e difese il Paese dagli attacchi degli austro-ungarici.
Il 1 dicembre 1918 fu decisivo il suo intervento per dare vita al Regno dei Serbi, Croati e Sloveni e nel 1921 venne proclamato re. L’annessione di territori l’uno con tradizioni diverse dall’altro si rivelerà il vero fallimento di questa nazione.
Le prime perplessità sull’effetiva durata di questo nuovo Stato furono dissipate dalle promesse del re Alessandro, anche abile politico, che promise una riforma agraria a vantaggio della maggior parte della popolazione.
In seguito ad episodi di instabilità politica, principalmente dovuta ai movimenti nazionalistici dei tre Paesi membri del regno, si autoproclamò dittatore in data 6 agosto 1929, carica mantenuta fino alla sua morte nel 1934.
Fu accorto anche nelle relazioni internazionali, infatti per una nuova entità nazionale è indispensabile creare un fitto sistema di alleanze che permetta la sua sopravvivenza. L’eletta al ruolo di sua moglie fu Maria, figlia di Ferdinando I di Romania, una donna conosciuta per la sua generosità, come dimostrato durante il secondo conflitto mondiale, quando collaborò con la Croce rossa per aiutare i prigionieri jugoslavi ed elargiva in beneficenza parte del suo indennizzo.

DINARO FEDERALE

Il sedicenne Pietro II sulla banconota da 10 dinari emessi nel 1939. (Originalità verificata)
Il sedicenne Pietro II sulla banconota da 10 dinari emessi nel 1939. (Originalità verificata)

In seguito alla deposizione del Principe Paolo , procugino e reggente di Pietro II, i partigiani si occuparono  dell’invasore nazista, ma per far ciò c’era bisogna di una forte coesione del popolo e le banconote furono usate come propaganda. La serie del 1944 riporta tagli di cartamoneta da 1 a 1000 dinari caratterizzate tutte dallo stesso rovescio e dritto, sul quale è rappresentata l’effige di un partigiano.
Al termine del conflitto la Jugoslavia fu colpita da una grave inflazione che mise a dura prova la sua esistenza, tanto che il nuovo primo ministro Josip Broz Tito provò a tenerla a freno immettendo una nuova serie di dinari e fissando il tasso di cambio a 20 dinari regi per uno nuovo.
La nuova Repubblica Federale Popolare di Jugoslavia si ispirava ad ideali socialisti, basati sull’importanza della classe operaia e fu proprio questa ad essere rappresentata sui nuovi dinari.
Tutti i lavori, dal minatore al pescatore, passando per il ferroviere e per lo scaricatore di porto, ebbero il loro spazio sui dritti e sui rovesci delle banconote. I principali settori lavorativi dell’epoca erano quello agricolo e quello industriale, il quale ha avuto un suo volto emblematico. Si tratta di Arif Heralić, un comune operaio metalmeccanico, conosciuto come “il sorriso dei mille dinari”. Queste “banconote del popolo”, al di là della loro importanza propagandistica, non avevano quasi alcun valore se confrontato con quelle dei paesi stranieri.
Eletto presidente nel 1953, Tito rispolverò i valori nazionali incaricando la zecca di riportare le effigi degli uomini serbi, croati o sloveni più importanti a livello mondiale: toccò agli scultori Ivan Mestrov e Antun Augustinčić, ma la figura più rappresentativa è Nikola Tesla, eccentrico fisico e ingegnere elettrico, conosciuto per l’invenzione del sistema elettrico a corrente alternata.

Arif Heralic sulla banconota da 1000 dinari. Il suo volto sorridente fu l'emblema dell'intera classe operaia jugoslava.
Arif Heralic sulla banconota da 1000 dinari. Il suo volto sorridente fu l’emblema dell’intera classe operaia jugoslava.

DINARO PESANTE
Uguale al suo predecessore nella forma, ma non nel valore, fu il dinaro più duraturo (dal 1963 al 1989) e i suoi disegni non subirono cambiamenti. L’inflazione si faceva sempre più incalzante e ciò porto alla creazione, negli anni’80, di tagli di banconote con oltre quattro zeri. Ad una di queste fu aggiunta l’effige di Tito, deceduto nel 1980.
La nuova valùta subì ristrettezze nel mercato internazionale dei cambi.
Questo periodo è caratterizzato dall’affermazione del pluripartitismo, che fino ad allora era vietato. Un pluripartitismo che portò alla creazione di organizzazioni sociali democratiche, fautrici del crollo del regime comunista.

DINARO CONVERTIBILE
Il governo federale decise di porre fine all’esistenza di una nazione che aveva cessato di vivere ormai  e lo fece tentando di attutire quanto più il colpo. Il nuovo, ed ultimo, premier Ante Markovic optò per una riforma economica estrema: il Paese usciva da decenni di economia socialista che aveva portato ad un’inflazione del 250%, ad un debito estero incalcolabile e ad una disoccupazione stellare, e porvi rimedio era quasi impossibile.
Il primo ministro Markovic tentò con la privatizzazione e continui tagli, ed in extremis chiese aiuti economici all’estero, tentando un ingresso nella Comunità economica europea, cosa che si vide negato.
La nuova valùta è conosciuta come il dinaro che potè tornare ad essere cambiato nel mercato internazionale, ma deve la sua fama alla sua circolazione effettiva: meno di un anno.

La famosa banconota da 500 miliardi di dinari, simbolo dell'iperinflazione. E' riportata l'effige di Jovan Zmaj, poeta serbo dell'800.
La famosa banconota da 500 miliardi di dinari, simbolo dell’iperinflazione. E’ riportata l’effige di Jovan Zmaj, poeta serbo dell’800.

Dopo che si fu constato il fallimento di tutte le riforme, ci fu lo scoppio della Guerra dei Balcani, figlia di azioni nazionalistiche da parte di alcuni membri della Federazione di Jugoslavia, e allora i singoli Stati decisero di utilizzare una propria moneta ed il dinaro jugoslavo rimase in circolazione solo presso la Serbia ed il Montenegro. Tra il 1992 e 1994 furono emesse tre nuove serie di cartamoneta e le cifre riportate su di esse sono forse paragonabili solo con il marco tedesco degli anni ’20: numeri inimmaginabili, dovuti ad una iperinflazione inarrestabile, che superavano il miliardo per singola banconota. Ovviamente tutte cifre, zero valore.

NUOVO DINARO
Dopo il trattato di Dayton, che pose fine agli scontri nei Balcani, la Serbia ed il Montenegro diedero vita alla Federazione Jugoslava e il nuovo dinaro immesso era una versione locale del marco tedesco, cosa che permise di evitare ulteriori rivalutazioni. Nel 2003 la Jugoslavia si dissolverà definitivamente, portando con se’ nella tomba il progetto di un’unione tra popolazioni slave e passando alla storia come l’unica nazione che durante il periodo della Guerra fredda si congelò veramente e rimase ferma nel tempo. L’unica nazione comunista ad essere odiata dagli altri comunisti. E Tito qui ci mise lo zampino e, tralasciando il suo culto della personalità, cosa per cui è negativamente criticato, molti storici gli attribuiscono il merito di aver resistito alla potenza di Josif Stalin e al blocco sovietico.

La narrazione della storia travagliata di questa “non-nazione” si può concludere con una nota positiva, anche se per molti potrà essere di poco rilievo: i continui cambiamenti sociali, politici e culturali hanno fatto si che il patrimonio numismatico ce ne guadagnasse, ottenendo così pezzi pregiati e altri irrepitibili.
Del resto tra un quadro ed una banconota non vi è differenza: se nel primo vi si esprimono le sensazioni del singolo artista, nella seconda vi si rappresenta il popolo, nelle sue ideologie e nelle sue convizioni.
-di Stefano Salatino
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Bibliografia
– Wikipedia, Famiglia reale Karadordevic
– East Journal: Markovic-Monti
– moneteebanconote.it

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