Puglia Saudita – Gli Emirati di Bari e Taranto

Emirati Pugliesi Uniti. Qa’bar. Per via del tema trattato, il titolo di quest’articolo si presta a molti giochi di parole. Termini fantasiosi però in grado di avvicinarsi alla realtà italiana di oltre un millennio fa. Quando nel IX secolo gli effimeri Emirati di Bari e Taranto scossero le consuetudini dell’intero Mezzogiorno.

I Mondiali di calcio in Qatar 2022 hanno riportato in auge la figura dell’emiro, dall’arabo ‘amīr’  che significa ‘comandante’. L’Emirato è il termine designato per indicare il territorio su cui un emiro esercita la sovranità, soprattutto quella militare. Da non confondere con il titolo di califfo, inteso come successore di Maometto dunque rivestito di autorità religiosa, e sceicco, una qualsiasi persona che gode di grande stima e rispetto. Attualmente si contano tre emirati: il suddetto Qatar dell’emiro Tamim Al Thani, il Kuwait di Nawaf Al Sabah e gli Emirati Arabi Uniti sotto la guida di Mohammed Al Nahyan. Un numero esiguo se confrontato con il passato, quando la Puglia annoverò in simultanea per un breve lasso di tempo gli Emirati di Bari e Taranto. Ma come si giunse alla loro formazione?

MAGNA ITALIA

Il contesto della prima metà del IX secolo nella Penisola Italiana è assai movimentato. Nel 774 Carlo Magno, re dei Franchi, pone fine al Regno Longobardo su richiesta di papa Adriano I. Il successivo pontefice Leone III, durante la Messa di Natale dell’800, incorona Carlo Magno come Imperatore dei Romani. Il neonato Impero Carolingio comprende tra i suoi domini il Regnum Italicum corrispondente all’attuale Italia centrale e settentrionale, esclusi i possedimenti dello Stato Pontificio. Nel ‘Mezzogiorno’ permane il dominio longobardo con il Ducato di Benevento. Fanno eccezione il Ducato di Napoli, la Repubblica di Amalfi e il thema bizantino di Langobardia che include Sicilia, Calabria e Salento.

Incoronazione di Carlo Magno, affresco, Raffaello, 1516-17

MAMMA… LI SARACENI!

Ma dei nuovi pretendenti giungono sulle coste italiche. Sono conosciuti con diversi nomi. Arabi, mori, musulmani, berberi, islamici. Oltre che il termine più caratteristico saraceno.

Il re franco Carlo Martello sconfisse l’esercito di Al Andalus (la Spagna islamica) nella memorabile Battaglia di Poitiers (732) arrestandone l’avanzata in Gallia. Nonostante la sconfitta, gli arabi proseguirono le proprie scorrerie in tutto il Mediterraneo volgendo l’interesse verso la penisola italiana.

Dopo secoli di incursioni disordinate, l’occasione per una spedizione organizzata in Italia si presenta quando Eufemio di Messina, comandante navale bizantino, è in cerca di alleati per ottenere l’indipendenza della Sicilia da Bisanzio. L’Emirato aghlabide (attuale Tunisia) accoglie la sua proposta e si affretta ad allestire una flotta. Così, il 16 giugno 827 cento navi e diecimila uomini, al comando di Asad ibn al-Furat, sbarcano a Mazara del Vallo in Sicilia.

Ben presto la missione di soccorso si trasforma in un tentativo arabo di conquista dell’isola. Seppur ci sarebbero voluti decenni per l’occupazione totale della Sicilia (bisognerà attendere la presa di Taormina, ultimo baluardo bizantino, nel 902), gli Aghlabidi utilizzano i primi avamposti in loro possesso come basi per organizzare nuove incursioni e tessere alleanze sulla terraferma.

Particolarmente proficua si rivela la collaborazione con il Ducato di Napoli, solo nominalmente bizantino ma di fatto autonomo, che richiede l’aiuto saraceno per risolvere le ostilità con Benevento.

Il duca napoletano Andrea II è il primo ad arruolare i soldati islamici come mercenari per risolvere le proprie dispute politiche. Inoltre, nell’838 si rivela promotore di una spedizione saracena a Brindisi, allora possedimento beneventano, così da distrarre il nemico.

Mappa dell’Italia Meridionale, 800 dC

Durante questa missione in Puglia, gli arabi spaziano dal proprio obiettivo realizzando gli unici due esperimenti statali arabi in Italia meridionale al di fuori della Sicilia: l’Emirato di Bari e l’Emirato di Taranto.

EMIRATO DI TARANTO

La città tarantina non ottenne mai il riconoscimento ufficiale di Emirato dal Califfato Abbaside, centro dell’impero islamico. Ma trattarla come una semplice base da cui i Saraceni avviavano le proprie scorribande non renderebbe giustizia a quest’importante esperienza. Difatti l’orientalista Francesco Gabrieli propone di individuare Taranto come il caposaldo ionico e adriatico della talassocrazia araba nel Mediterraneo.

Lo storico islamico Ali Ibn al-Athir riporta ne ‘Il libro perfetto sulla storia’ che i Saraceni giungono di passaggio a Taranto, per poi stanziarvisi dall’846. Le ‘Cronache veneziane’ di Giovanni Diacono ne confermano l’arrivo nominando un certo Saba quale loro guida e principe.

Tra i primi a ravvisare una minaccia musulmana c’è la Repubblica di Venezia. Essa è turbata dal saccheggio di Brindisi dell’838, tanto da giudicare in pericolo il proprio ruolo di principale scalo commerciale dell’Adriatico. Motivo per cui nella primavera 841 la flotta navale veneziana muove contro la base araba di Taranto. Il risultato è un duro cappotto per i primi, che sortisce l’effetto non voluto di consolidare l’insediamento nemico.

Ci sono pervenuti pochi nomi dei presunti emiri di Taranto. Abū Jaʿfar (843) è il primo, nonché il meglio documentato. La sua figura si inserisce nella disputa tra Radelchi I di Benevento e Siconolfo di Salerno, principi longobardi impegnati nella guerra civile per il Ducato di Benevento. Abū Jaʿfar e i suoi soldati si offrono come mercenari ora all’uno ora all’altro pretendente, in base al bottino promessogli. Fino a che, secondo le cronache, Siconolfo non sbeffeggia per la sua bassa statura il comandante saraceno che decide così di rompere l’alleanza. Questo si rivela essere l’ultimo cambio di partito. Infatti Abū Jaʿfar subisce il voltafaccia di Radelchi divenendo vittima sacrificale della sfida fratricida. Non prima di aver sputato il traditore longobardo in un occhio. Che Storia.

La vita dell’Emirato procede tra saccheggi e razzie, razzie e saccheggi, facilitati dalla situazione di anarchia generale che vige nel Meridione. Gli ultimi anni di Taranto saracena sono segnati dalla presenza in città di un ospite d’onore: Sawdan, ultimo emiro musulmano di Bari. La cui storia, come vedremo, si intreccia con gli avvenimenti della vicina Taranto in una fase delicata.

EMIRATO DI BARI

Seppur di vita più breve rispetto all’omologo ionico, l’Emirato di Bari è protagonista indiscusso del Mezzogiorno per quasi un venticinquennio. La conquista della città, strappata ai Bizantini, avviene nell’autunno 847 per mano del maghrebino Khalfūn. Tuttavia la dinastia aghlabide non riconosce i suoi sforzi segnandone il successo come un’iniziativa individualista e di poco conto. Nonostante il mancato riconoscimento, Khalfūn organizza Bari come uno stato islamico e ne promuove la fede musulmana. Fino alla propria morte avvenuta nell’852.

Gli succede Mufarraj ibn Sallam, un uomo di indole pacifica. Diverse testimonianze attestano la mitezza con cui tratta le popolazioni cristiane. Sotto il suo comando Bari vive un breve periodo di fioritura. A questi anni risale l’inizio della costruzione di una moschea cittadina oltre che di nuove opere pubbliche e difensive. A livello politico, Mufarraj si spende presso Baghdad, la capitale dell’Impero Abbaside, per far ottenere a Bari il titolo di Emirato, nonché l’indipendenza dagli Aghlabiti tunisini. Ma la pacatezza d’animo non gli pagò. O almeno non in vita, a cui i suoi stessi correligionari pongono fine nell’857 poiché ritengono Mufarraj non in grado di soddisfare la loro sete di bottino.

Ascende così al potere Sawdan, astuto e violento, venale e saggio, acclamato dai Saraceni baresi. Egli non tarda a presentarsi sul palcoscenico meridionale: in pochi anni mette a ferro e fuoco la Campania e distrugge l’attuale Ascoli Satriano, evitando la Lucania in quanto ritenuta povera di risorse. Nell’860 respinge e sconfigge il principe longobardo Adelchi di Benevento, costretto da allora a pagare i tributi al nuovo e piccolo stato islamico. L’irriverente Sadwan si prende gioco del nemico cristiano. Esemplare il raid dell’abbazia di San Vincenzo al Volturno, dove l’emiro beve dai sacri calici e chiede in cambio della sua magnanimità che gli vengano tributati diversi incensieri d’oro.

Durante il suo governo, in continuità col predecessore, sollecita il califfo abbaside di proclamare l’Emirato di Bari. La sua richiesta è accolta nell’864: Bari è così il primo (ed unico) emirato d’ufficio nella Penisola italiana e Sawdan diventa il primo emiro propriamente detto.

Non solo saccomanno. Sotto l’amministrazione di Sadwan, la città di Bari accoglie la nuova cultura e si rivela un’isola felice per l’Islam, raggiungendo l’apogeo tra l’864-866. La moschea è ultimata, sorge un palazzo emirale, diversi studiosi orientali frequentano le sue strade sempre più multietniche.

Stemma dell’Emirato di Bari

Il progetto di Sawdan mira a garantire stabilità al nuovo Emirato staccandogli di dosso l’etichetta di ‘base per incursioni’. Per riuscirci serve intrecciare rapporti economici e politici con i vicini italici e, perché no, anche con l’insediamento saraceno di Taranto. Secondo un’ipotesi, lo stesso Sawdan potrebbe esser stato a capo della città ionica per un breve periodo.

Tutti questi pregi si trasformerebbero in difetti demoniaci qualora leggessimo le testimonianze delle coeve cronache cristiane. La presenza araba sulla penisola italiana non era mai stata così ingombrante fino ad allora. Soprattutto agli occhi dello Stato Pontificio, principale rivale dell’Islam. Nemico religioso ancor prima che temporale. A partire dall’849, l’Impero Carolingio, nella persona del re d’Italia Ludovico II, operò in favore della Chiesa per scongiurare la minaccia saracena comportata dall’Emirato di Bari. Ma i tentativi si rivelarono infruttuosi fino all’866 quando lo stesso Ludovico II, nel frattempo divenuto imperatore, non decise di organizzare una spedizione militare più capillare.

ANKUBARDA, Mae Alsalama

Ludovico II tenta inizialmente la collaborazione con il nuovo imperatore bizantino Basilio I il Macedone. I due progettano un attacco alla città di Bari per la tarda estate del 469. Ma esso si risolve in un nulla di fatto. Bisanzio invia tardivamente una flotta di 400 navi sotto il comando di Niceta Ooryphas, ma al suo arrivo le truppe degli alleati carolingi sono state già smobilitate visto il sopraggiungere dell’inverno. Questo affronto spinge Sadwan a saccheggiare e distruggere nello stesso anno il Santuario di San Michele Arcangelo sul Gargano. Una rappresaglia agghiacciante il cui obiettivo è di terrorizzare le popolazioni cristiane. Oltre che di fare rifornimento di viveri e altri mezzi di difesa per l’assedio.

Ludovico II si gioca dunque la carta longobarda allacciando nuovi rapporti col summenzionato principe Adelchi. Quest’ultimo è costretto a scegliere il male minore tra l’aguzzino saraceno e il soffocante franco.

La campagna militare si protrae per il biennio 870-71, finché l’esercito congiunto franco-longobardo non conquista la città di Bari il 3 febbraio 871.

Sadwan è fatto prigioniero e condotto in catene a Benevento.

Nell’agosto dello stesso anno, nonostante sia alle sbarre, lo scaltro emiro persuade Adelchi che il sovrano franco punti a sottrargli il Ducato, convincendolo così ad imprigionarlo. Un’astuta tattica distraente grazie a cui riprendono le scorrerie saracene.

Il dietrofront di Adelchi avviene un mese dopo quando, accortosi di non poter fronteggiare da solo i nemici islamici, libera Ludovico II dalla sua prigionia.

Dopo la conquista di Bari, Ludovico II non esita ad allestire i preparativi per l’assedio di Taranto, ultimo baluardo saraceno in Puglia. L’emiro Uthmān resiste agli attacchi longobardi e franchi riuscendo perfino a liberare Sadwan dalla prigionia beneventana (876). Ma nulla può contro le rinate forze dell’imperatore Basilio I, che nell’880 assoggetta e riduce in schiavitù la popolazione araba della città ionica.

Termina così l’esperienza statale araba in Puglia. Quivi il successo del Dār al-Islām, cioè la volontà di sottoporre un territorio all’imperio politico e giuridico dell’Islam, è stato intenso ma effimero.

LINKOGRAFIA – BIBLIOGRAFIA

  • Santissima Wikipedia
  • Musca, G. (1967). L’emirato di Bari, 847-871. Italia: Dedalo.
  • Gabrieli, F. (1989). L’islam nella storia. Saggi di storia e storiografia musulmana. Italia: Dedalo.
  • Berto, L. A. (1999). Istoria Veneticorum. Italia: Zanichelli.
  • Chronicon salernitanum. Secolo X. (1988). Italia: Elea Press.

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