ULTIMI SCRITTI DALLA TRINCEA, giovani penne spezzate

Il calar del sole ha posto fine agli scontri armati. Solo per quel giorno. I soldati, quelli che hanno la fortuna di essere ancora vivi, tirano un respiro di sollievo, distendono i propri animi e si guardano intorno con un’espressione vacua, così come lo era il caricatore della loro arma.  All’improvviso, lì dove pochi minuti prima il rumore dell’artiglieria rendeva impossibile persino l’ascolto della propria voce, cala un silenzio surreale.
C’è chi piange l’amico che ora combatteva fianco e fianco, e che adesso invece giace a terra, crivellato di colpi o, ancora peggio, smembrato dalle continue esplosioni. C’è chi sfrutta questo lasso di tempo per recuperare i cadaveri o i feriti. E c’è chi, invece, si getta sul proprio letto di fango aspettando il giorno successivo.

Winnie the Pooh, l'orsacchiotto creato dalla penna di Alan Alexander Milne
Winnie the Pooh, l’orsacchiotto creato dalla penna di Alan Alexander Milne


Infine arriviamo a quelli che in trincea combattevano con la pistola in una mano, con la penna nell’altra: erano poeti, scrittori e saggisti. Alcuni di loro avevano sospeso l’attività letteraria, con la speranza di poterla riprendere una volta conclusasi la guerra, altri invece scrivevano poesie e racconti ispirandosi a quella che era la vita quotidiana al fronte. Tutto ciò era raccolto in diari personali e taccuini, dei veri tesori che hanno reso immortale il ricordo dei rispettivi autori.
Tra questi nomi vi erano penne improvvisate, ma anche letterati che godevano di grande fama o in procinto di ottenerla.
Durante la “Grande Guerra”, tra i milioni di soldati impegnati nei combattimenti, era possibile imbattersi in protagonisti della letteratura contemporanea come Alan Alexander Milne e J.R.R. Tolkien. Molti di loro tornarono a casa, ma altri non ce la fecero.

E’ il caso di Giovanni Bellini, omonimo del pittore rinascimentale Giambellino, che , a differenza di quest’ultimo,

Forntespizio de il "Arciviaggio", raccolta di liriche belliniane, pubblicato postumo nel 1921.
Forntespizio de il “Arciviaggio”, raccolta di liriche belliniane, pubblicato postumo nel 1921.

invece del pennarello, aveva fatto della penna la sua arma migliore.
Nato nel 1889 da una famiglia di contadini, aveva studiato da autodidatta ed era entrato nella redazione della rivista futurista “Lacerba”, su cui pubblicò tre suoi scritti. Questa rivista era di stampo interventista e il nostro Bellini, condividendo appieno questi ideali, entrò nell’esercito italiano come fante del 127° Reggimento.
La sua fu un’avventura breve: il 7 Luglio del 1915, in seguito all’esito negativo della prima battaglia dell’Isonzo, il suo destino incrociò la traiettoria di una granata che lo uccise sul colpo. Il suo cadavere fu rinvenuto dall’amico Fernando Agnoletti che, frugando nelle tasche del compianto alla ricerca di effetti personali da inviare alla sua famiglia, gli trovò addosso un taccuino con sopra riportati molti frammenti lirici.
Una volta terminata la guerra, Agnoletti si incaricò nel 1921 di pubblicare i versi dell’amico nella raccolta “Arciviaggio”, nome ispirato a quel grande viaggio che il Bellini desiderava fare e di cui parlava ogni sera alle sue sorelle, mentre esse erano impegnate nel ricamare. Un viaggio sublimatosi in versi finissimi che hanno dato un tocco di magnificenza alla guerra.

 

Isaac Rosenbenrg fu anche pittore. Qui in uno dei suoi autoritratti.
Isaac Rosenbenrg fu anche pittore. Qui in uno dei suoi autoritratti.

Completamente diversa fu la posizione di Isaac Rosenberg nei confronti della guerra. Lui, classe 1890, era nato nell’inglese Bristol, ma decise di  trasferirsi in Sud Africa a causa della sua salute precaria. Qui ricevette la notizia dell’inizio del primo conflitto bellico, contro il quale si scagliò scrivendo il poema “On receiving news of the war” ( “Alla notizia della guerra” ). E’ famoso per i suoi opuscoli “Notte e giorno” e “Gioventù”, nei quali esprime il meglio di se’ attraverso toni apocalittici e concisi, secondo quelle che erano le caratteristiche dell’Imagismo, una corrente letteraria che faceva del pragmatismo il suo punto di forza.
Il destino, beffardo, gli aveva preparato un duro programma tutto da affrontare: pur essendo un nemico della violenza, le ristrettezze economiche lo constrinsero ad arruolarsi nell’esercito Britannico.
Passò per due anni di battaglione in battaglione, fino ad arrivare sul fronte occidentale francese, dove continuò a scrivere poesie, tra le quali ricordiamo “La nascita del giorno in trincea”. All’alba del 1 Aprile 1918, dopo aver terminato la ronda notturna nei pressi della città di Fampoux (nel dipartimento della Somme), si apprestava a fare ritorno nella sua base, ma il fato non voleva questo. Un cecchino – l’angelo della morte invisibile – , piazzato chissà dove, sparò con il proprio fucile di precisione e uccise Rosenberg. Mancavano pochi mesi alla firma dell’armistizio.

Francobollo commemorativo con l'effigie di Charles Pèguy. E' stato emesso dalla Repubblica Francese nel 1950.
Francobollo commemorativo con l’effigie di Charles Pèguy. E’ stato emesso dalla Repubblica Francese nel 1950.

Anche la Francia annovera tra le perdite alcuni grandi poeti e scrittori. E’ da ricordare la figura di Charles Pèguy, saggista di Orlèans, che fece del suo cammino religioso  il punto cardine delle sue opere, in particolare di quella “Note su Cartesio e la filosofia cartesiana” uscita postuma nel 1924. Socialista e anticlericale, a 35 anni decise di convertirsi al cattolicesimo e da allora decise di rinfacciare ai suoi compagni di partito il loro ingiustificato odio verso la Chiesa. Nel contempo non utilizzava parole dolci per accusare l’autoritarismo del Vaticano e ciò fece sì che venisse identificato come un ipocrita. Spinto da una generosità infinita e dal desiderio di proteggere la patria, si arruolò come volontario. La sua intelligenza innata non gli fu sufficiente per evitare quella pallottola che, in data 5 settembre 1914, lo fece cadere vittima all’inizio della prima battaglia della Marna. Troppo poco tempo per rappresentare nei suoi scritti la visione personale della guerra.

E infine ricordiamo la figura di Ruggero Timeus. Nato nel 1892 a Trieste, si distinse per il suo nazionalismo accentuato che ne fece uno tra gli irredentisti più conosciuto in territorio italiano. Non era moderato, bensì faceva parte della frangia estremista e in quello che viene considerato il suo testamento spirituale, cioè il saggio “Trieste”,

L'Istria, ora territorio croato. Questa regione era reclamata a gran voce dagli irridentisti.
L’Istria, ora territorio croato. Questa regione era reclamata a gran voce dagli irridentisti.

esprime il suo pensiero in termini di razza. Si rivolge alla stirpe latina, in particolare a quella italiana, definendola “la più pura” e poi si scaglia contro gli Sloveni e i Croati, affermando che il territorio delle coste adriatiche doveva essere luogo di un’invevitabile lotta, fino a quando non fosse rimasta una sola razza degna. Questo irredentismo esasperato pose le basi per la costruzione del pensiero fascista, tanto che, su volere di Mussolini, il regime iniziò la persecuzione delle popolazioni slave. Timeus non era un uomo solo di belle parole e per dimostrare ciò decise di arruolarsi, rivelandosi un uomo coerente ai suoi principi. Anche lui cadde in battaglia, precisamente in località Pal Piccolo, alla giovane età di ventitrè anni.

Quattro storie accomunate dallo stesso destino , quattro personaggi che non rinunciarono al loro mezzo preferito di espressione, la scrittura, neanche in battaglia, preferendo morire con una penna in mano piuttosto che con una qualsiasi arma. Sono stati quattro simboli che riassumono il duro colpo subito dalla cultura letteraria all’inizio del secolo. Perchè tra le vittime della Grande Guerra c’erano anche loro, le penne di trincea.
-di Stefano Salatino
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Bibliografia:
– Luigi Corsetti, da “Microstoria”;
– Centro Culturale Charles Pèguy.

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